…Dicono che c'è un tempo per seminare e uno più lungo per aspettare… io dico che c'era un tempo sognato che bisognava sognare.

...solo un sogno, un'emozione...una nuvola...solo un alito di vento che ti sfiora, solo l'eco dei tuoi passi nella sera...

martedì 31 gennaio 2012

Così si chiude la storia...

Così si chiude la storia, sui tuoi sorrisi e il tempo di un’ assenza. Sento ancora le tue dita sul piano della mia infanzia. Ti ho cercata dappertutto anche all’estero. Ti ho trovata; ovunque tu fossi, mi addormentavo nel tuo sguardo. La tua carne era la mia carne. Con le nostre metà, avevamo inventato promesse; insieme, eravamo i nostri domani. Ora so che i sogni più folli si scrivono con l'inchiostro del cuore. Ho vissuto laddove i ricordi si formano a due, al riparo dagli sguardi, nel segreto di una sola fiducia dove tu ancora regni. Mi hai dato ciò che non immaginavo, un tempo dove ogni secondo di te conterà nella mia vita più di ogni altro secondo. Io ero di tutti i villaggi, tu hai inventato un mondo. Te ne ricorderai, un giorno? Ti ho amata come non credevo che fosse possibile. Sei entrata nella mia vita come si entra nell’estate. Non provo né rabbia né rammarico. I momenti che mi hai dato hanno un nome: l’incanto. Lo hanno ancora, sono fatti della tua eternità. Anche senza di te non sarò mai più solo, perché tu esisti da qualche parte.
Se Potessi Rivederti - Marc Levy

Assenza

Mi rivolto nella cenere
Cercando di trovare un po’ di brace.
Mi siedo a chiacchierare con l’ombra
Che un giorno d’estate hai dimenticato sul sofà.
Sogno le orme di passi
Che una notte persero la memoria.
Nessuno passò mai da queste parti.
Si affitta vuoto l’appartamento
Di una casa che non c’è più
Alejandro Jodorowsky

Piccoli gesti di bontà

Non mi resta che
Offrire un bicchier di vino al mendicante
Accompagnare silenzioso la vecchia signora,
offrire lenzuola pulite al poveraccio
applaudire attori scalcagnati
prestare un po’ di denaro a un imbroglione
mandare un mazzo di rose a una ragazza antipatica
regalare il mio bastone al cieco.
Piccoli gesti di bontà
Fatti nell’indifferenza
Di un dio che non distingue
Il bene dal male.
A
lejandro Jodorowsky

Se la realtà è come un sogno

Se la realtà è come un sogno,
dobbiamo agire senza subirla,
così come facciamo in un sogno lucido,
ben sapendo che il mondo
è quello che crediamo che sia.
I nostri pensieri attraggono i loro simili.
Verità è quello che è utile,
non soltanto per noi ma anche per gli altri.
Tutti i sistemi che in un momento ben preciso
sono necessari,
in seguito diverranno arbitrari
e noi abbiamo la libertà di cambiare sistema.
La società è la risultante di quello che lei crede di essere
e di quello che noi crediamo che sia.
Possiamo cominciare a cambiare il mondo
cambiando i nostri pensieri.
da "La danza della realtà" di Alejandro Jodorowsky

Mi piace...

Mi piace sviluppare la mia coscienza per capire perché sono vivo, cos'è il mio corpo e cosa devo fare per cooperare con i disegni dell'universo.
Non mi piace la gente che accumula informazioni inutili e si crea false forme di condotta, plagiata da personalità importanti.
Mi piace rispettare gli altri, non per via delle deviazioni narcisistiche della loro personalità, ma per come si sono evolute interiormente.
Non mi piace la gente la cui mente non sa riposare in silenzio, il cui cuore critica gli altri senza sosta, la cui sessualità vive insoddisfatta, il cui corpo s'intossica senza saper apprezzare di essere vivo.
Ogni secondo di vita è un regalo sublime.
Mi piace invecchiare perché il tempo dissolve il superfluo e conserva l'essenziale.
Non mi piace la gente che per retaggi infantili trasforma le bugie in superstizioni.
Non mi piace che ci sia un papa che predica senza condividere la sua anima con una "papessa".
Non mi piace che la religione sia nelle mani di uomini che disprezzano le donne.
Mi piace collaborare e non competere.
Mi piace scoprire in ogni essere quella gioia eterna che potremmo chiamare Dio interiore.
Non mi piace l'arte che serve solo a celebrare il suo esecutore.
Mi piace l'arte che serve per guarire.
Non mi piacciono le persone troppo stupide.
Mi piace tutto ciò che provoca il riso.
Mi piace affrontare, volontariamente, la mia sofferenza, con l'obiettivo di espandere la mia coscienza. 
Alejandro Jodorowsky

Crescere

Quando cresco (ho solo cinquant’anni)
voglio essere montagnosa e saggia
come Marguerite Yourcenar.
Una grande sfinge di pietra
silente come un’ombra.
La bilancia perfetta
tra grazia e potenza.
Voglio essere forte abbastanza da vivere
su un’isola al largo della costa del Maine,
far inselvatichire il bel giardino,
ricevere un intervistatore
da un prestigioso programma d’arte TV
ogni vent’anni, scendere
per leggere a voce alta con altero distacco
passaggi profetici dal lavoro passato,
rifiutare le investiture d’accademia.
Non mi mancherà la mia terra natale.
Saprò chi sono.
La mia voce sarà bassa, salda,
senza enfasi, purificata dai bisogni.
Non m’importerà se ho ossa grandi,
pesante, non baderò
se i miei capelli sono fini,
se i miei occhi sono giunti a un punto morto,
se i problemi più veri restano senza risposta.
La perdita di amanti, la defezione dei figli
mi lascerà fredda.
Diventerò l’assoluto
che mi ci è voluto una vita annichilire.
Fay Zwicky

Ascoltami come chi ascolta piovere

Ascoltami come chi ascolta piovere,
né attenta né distratta,
passi lievi, pioviggine,
acqua che è aria, aria che è tempo,
il giorno non finisce di andarsene,
la notte tuttavia non arriva,
figure della nebbia
voltano l’angolo,
figure del tempo
nell’ansa di questa pausa,
ascoltami come chi ascolta piovere,
senza ascoltarmi, ascoltando quel che dico
con gli occhi aperti verso dentro,
addormentata e vigili i cinque sensi,
piove, passi lievi, rumori di sillabe,
aria e acqua, parole che non pesano:
quel che fummo e siamo,
i giorni e gli anni, questo istante,
tempo senza peso, pesantezza enorme,
ascoltami come chi ascolta piovere,
riluce l’umido asfalto,
il vapore si alza e cammina,
la notte si apre e mi guarda,
sei tu e la tua forma di vapore,
tu e il tuo volto di notte,
tu e i tuoi capelli, lampi lenti,
traversi la strada ed entri nella mia fronte,
passi d’acqua sopra le mie palpebre,
ascoltami come chi ascolta piovere,
l’asfalto riluce, tu traversi la strada,
è la nebbia errante della notte,
è la notte addormentata nel tuo letto,
è l’onda del tuo respiro,
le tue dita d’acqua bagnano la mia fronte,
le tue dita di fiamma bruciano i miei occhi,
le tue dita d’aria aprono le palpebre del tempo,
sorgere di apparizioni e resurrezioni,
ascoltami come chi ascolta piovere,
passano gli anni, tornano gli istanti,
ascolti i tuoi passi nella stanza vicina?
non qui né lì: li ascolti
in un altro tempo che è proprio ora,
ascolta i passi del tempo
inventore di spazi senza peso né luogo,
ascolta la pioggia scorrere per la terrazza,
la notte è ormai più notte fra gli alberi,
fra le foglie si è annidato il fulmine,
vago giardino alla deriva
- entra, la tua ombra copre questa pagina.
Octavio Paz, da El fuego de cada dìa, 1992

Vado per il tuo corpo come per il mondo

Vado per il tuo corpo come per il mondo,
il tuo ventre è una piazza assolata,
i tuoi seni due chiese dove officia
il sangue i suoi misteri paralleli,
i miei sguardi ti coprono come edera,
sei una città che il mare assedia,
una muraglia che la luce divide
in due metà color pesca,
una landa di sale, rocce e uccelli
sotto la legge del mezzogiorno assorto,
vestita del colore dei miei desideri
come il mio pensiero vai nuda...
da "Pietra di sole" Octavio Paz

Madrigale

Più trasparente
di quella goccia d'acqua
tra le dita del rampicante
il mio pensiero tende un ponte
da te stessa a te stessa
Guardati
più reale del corpo che abiti
ferma in mezzo alla mia fronte
Sei nata per vivere in un'isola
Octavio Paz

Torno alla notte

D’improvviso torno
alla notte
con le mie scarpe d’acqua.
Mi spoglio
nel lento
esercizio delle mie mani
e cerco
solamente
un oggetto mio,
una piccola barca,
una cometa,
un circo di cose inventate,
figure quotidiane,
tue e mie,
che amo.
Ma so
che d’improvviso
mi ritrovo inaccessibile
e torno a essere silenzio
e fiamma oscura,
dove la mia barca
fugge dalla tua riva.
Mia Gallegos

Tu eri il vento

Io sono una barca
senza vento.
Tu eri il vento.
Era quella la mia rotta?
A chi importa la rotta
se ha un tale vento!
Olav H. Hauge

La terra azzurra

Qui sono al sicuro, qui ci sono querce intorno ai muri,
qui scintilla lo stretto tra monti corrosi dal mare.
Se me ne sto in piedi alla finestra
le querce immense hanno
una profonda tonalità oleosa
come un dipinto antico,
sul cielo di smalto azzurro
nubi ritardatarie
si rincorrono dal mare.
Querce nel sole d’autunno!
Terra azzurra, terra di monti, terra di mare
ed ere alle mie spalle
in una festa di colori
e ardore.
Oggi ci sono freddo e fiocchi di neve nell’aria,
i rami nudi si protendono come artigli
verso il caldo e l’ultimo ozono.
Mi inoltro nella terra azzurra
sotto le foglie che cadono.
E un giorno sarà spoglio Yggdrasil.
Olav H. Hauge

Nel tardo rosso

Nel tardo rosso dormono i nomi:
la tua notte ne sveglia
uno
e lo conduce con bianchi bastoni –
tastando il vallo a sud del cuore,
sotto i pini:
uno, a grandezza d’uomo,
va verso la città dei vasi,
dove la pioggia torna amica
di un’ora marina.
Nell’azzurro
promette ombra in parola d’albero
e il nome del tuo amore
vi aggiunge le sue sillabe.
Paul Celan

Io so

E tu, anche tu –:
fatta crisalide.
Come tutto ciò che la notte ha cullato.
Questo sfarfallare, intorno, frullare:
lo sento – non lo vedo!
E tu,
come tutto ciò che il giorno ha sottratto.
fatta crisalide.
E occhi che ti cercano.
E il mio occhio è tra loro.
Uno sguardo:
un filo ancora, che ti avviluppa.
Questa luce tarda, tarda.
Lo so: i fili brillano.
Paul Celan

Che fortuna portare due piccoli seni

Che fortuna portare due piccoli seni
verso qualcuno, verso l’ignoto
Due piccoli seni che dicono: forse domani
e che, senza nulla di più,
sono felici. Tra loro il medaglione
con la dolce immagine della madre riposa;
diresti che la sua protezione
li separa, quei due seni, perchè la giovane non osa
sentirli tutti e due insieme,
questi piccoli seni giovanili che si devono
portare a qualcuno, all’ignoto,
e che vivono un pò all’insaputa
di chi li porta.
Vogliono farla felice,
questi due piccoli seni innocenti che resistono ai venti
della vita?… Questi piccoli seni testardi,
rivestiti d’una parvenza di lutto
al quale oppongono,
sotto impercettibili allarmi,
le loro tenere esigenze di rose
coperte.
Rainer Maria Rilke

Lettera ad una sconosciuta

Quando passeranno gli anni, quando
Passeranno gli anni e l’aria avrà scavato un fosso
Tra la tua anima e la mia; quando passeranno gli anni
E io sarò soltanto un uomo che ha amato, un essere che si fermò
Per un attimo al cospetto delle tue labbra,
un pover uomo stanco di gironzolare nei parchi,
dove sarai? Dove sarai, oh figlia dei miei baci!
Nicanor Parra

lunedì 30 gennaio 2012

E i bei capelli

E i bei capelli, che arruffasti, e i capelli,
che arruffi;
quale pettine
di nuovo adesso li aloliscia, i bei capelli?
Quale pettine
e di chi è la mano?
E le pietre, che ammassasti,
che ammassi:
dove gettano l’ombra,
e fin dove arriva?
E il vento, che sfiorandole passa,
e il vento:
un’ombra tra quelle rapisce,
è a te che l’attribuisce?
Paul Celan

La notte inquieta

Dissepolte foglie
nei viali c’inseguirono, stridendo.
Rami
dai cancelli protesero
le loro ombre oscillanti
sull’asfalto.
Muti a sbocchi di strade
immobili fanali guardano
luci
a scroscio fuggenti,
tra rotaia e ruota
una scintilla verde che scocca.
Le case vogliono
pause di sonno
a occhi chiusi nel tremante silenzio:
ma passi
ancora
nascono agli svolti,
l’alba come una foglia
dissepolta c’insegue.
Antonia Pozzi

A domani

- A domani! - dici tu e già te ne vai.
Con sguardo impaurito io t'accompagno.
A domani?... Ma domani è immensamente lontano.
Davvero tante ore fra noi si porranno?
Fino a domani per me sarà ignota
l'ombra mutevole della tua fronte,
il discorso ardente e pulsante della mano,
dei tuoi pensieri il fluire segreto.
Prima di domani, se vorrai bere, non potrò
essere la tua fonte. Se il freddo
ti avvolge - non sarò il tuo fuoco.
Se hai timore del buio - la tua luce.
- A domani! - tu dici e parti
e non senti nemmeno che non hai risposta.
- Al giorno estremo! - mi aspettavo dicessi
e rimanessi con me fino al giorno estremo 
Blaga Dimitrova

Per dire quel che in me tu sei

Per dire quel che in me tu sei, mi è forza confrontarti
- congiungendo le cose rilevasi di esse la verità profonda -
col dolore accettato, con quel modo più alto
d'intendere l'uguale del dolore: l'allegria.
Il dolore è il frutto naturale degli anni,
la forma con cui il tempo attraverso di noi passa
e a volte, nella sua orma continua, nella sua pioggerella,
come un'ala, picchia un'improvvisa disgrazia.
Ma dolce è il dolore, perché la sua lingua benigna
svela la nostra pura sostanza umile, dove
siamo uno stesso amore abbandonato ed orfano,
tiepida e buona argilla, una rassegnazione.
... Anche tu sei il frutto del tempo, e l'intima sua luce,
come se l'esser vivi si facesse parola in te.
Quando tu mi appari, come innanzi a un patimento,
comprendo la mia verità, m'accuso e mi perdono.
E così mi fai palpare e rispettare le mie frontiere,
come il più chiaro dolore, o parlare d'un defunto.
Con il tempo nel tuo volto, già posseggo e considero
il mio passato e il mio futuro, e tutto il loro dolore.
Hai il sapore medesimo del dolore quando è buono;
dell'accettazione muta con cui le pene divengono
carne della nostra carne, sostanza ed alimento;
di quella luce più fonda che dà la tristezza.
E sei anche la gioia, l'unica allegria,
quel cielo distante che sta al fondo di tutto,
quel paese di luce che a volte si sospetta
dietro le cose, quasi sia un destarsi.
L'allegria, che non è nemica della tristezza,
ma il guardare più lungi, socchiudendo le palpebre,
e indovinare il simbolo dell'essere; è lo stupore
che brucia le parole, e le cambia in silenzio. 
José Marìa Valverde

Rimani dove sei

Rimani dove sei, ti prego,
così come ti vedo.
Non ritirarti da quella tua immagine,
non involarti ai fermi
lineamenti che ti ho dato
io, solo per obbedienza.
Non lasciare deserti i miei giardini
d’azzurro, di turchese,
d’oro, di variopinte lacche
dove ti sei insediata
e offerta alla pittura
e all’adorazione,
non farne una derelitta plaga,
primavera da cui manchi,
mancando così l’anima,
il fuoco, lo spirito del mondo.
Non fare che la mia opera
ricada su se medesima,
diventi vaniloquio, colpa.
Mario Luzi

Un uomo strano

Un uomo strano
nonostante sia una delle persone più gentili al mondo
le sue battute sono come oro
parla la lingua del mio cuore
questo usignolo sovrano
mi scambia con la sua insonnia
volteggiando
dopo che le mie risate sono fuggite
per rifugiarsi lontano.
Inaya Jaber (Libano)

Mi basterebbe la linea del viso

Mi basterebbe la linea del viso
accarezzarti lo sguardo, anche per poco,
poterti dire quanto somiglia alla morte
la tua assenza. Perciò ti parlo,
interrogo gli oggetti che ti hanno conosciuto,
che insieme a me ti videro fiorire
nell’erba inaridita.
Roberto Carifi

Tribute to Elizabeth Siddal

Quando mi chino

Quando mi chino sulla tua anima, mentre dormi, e ascolto, col mio orecchio
sul tuo petto nudo,
il tuo cuore tranquillo, mi sembra
di cogliere, nel suo battito profondo,
il segreto del centro
del mondo.
Mi sembra
che legioni d’angeli,
su cavalli celesti
- come quando a notte
fonda ascoltiamo, senza respiro
e con l’orecchio a terra,
un lontano trotto che mai arriva -
che legioni d’angeli
vengano per te, da lontano
- come i Re Magi
alla nascita eterna
del nostro amore -
vengano per te, da lontano,
a portarmi, nel tuo sogno,
il segreto del centro del
cielo.
Juan Ramon Jimenez

Festa

Le cose stanno distese;
ma, all'improvviso, si levano,
e, in processione splendente,
entrano, cantando, nella mia anima.
Juan Ramon Jiménez

Fusione

Col nuovo mattino,
il mondo mi bacia
sulla tua bocca, donna.
Juan Ramón Jiménez

Il ricordo

Il fiume scorre sotto
la mia anima, scavandomi.
A stento mi mantengo
in me. Non mi sostiene
il cielo. Le stelle
m'ingannano; no, non stanno
lassù, ma sotto, là nel fondo...
Sono? Sarò!
Sarò, simile a onda
del fiume del ricordo...
Con te, acqua corrente!
Juan Ramon Jiménez

Ristagno

L'amore, tra me e me,
è così impalpabile, così sereno, così in sé,
come l'aria invisibile,
come l'acqua invisibile, tra la luna
del cielo
e la luna del fiume.
Juan Ramon Jimenez

Terra e mare

L'orizzonte è il tuo corpo.
L'orizzonte è la mia anima.
Raggiungo il tuo limite: ancora sabbia.
Raggiungi il mio limite: ancora acqua.
Juan Ramon Jimenez

Vanità dei sogni

Vanità dei sogni,
più terribile di quella della verità.
Non importa!
Ogni aurora io conservo una lacrima del mio sogno
diamante della mia rosa di rugiada
in una stella che si nasconde.
Juan Ramon Jimenez

Non ti amerò domani

Non ti amerò domani.
Ho atteso per tanti giorni nuda, con il tuo nome
scolpito sulla mia fronte, che ho dimenticato
gli inverni, l’azzurro e le rose.
Il tuo nome inciso sulla mia pelle.
Brucia. Ma tra poco è primavera. Tra poco voglio dimenticare l'inverno.
Ritrovare i cieli azzurri, la luce, la promessa di un rosa.
Con te, se vorrai. Oppure, credimi, da sola. 
Juana Castro

Per te

Per te – forse dormi adesso in una nuvola
di sogni di lana – non scrivo solo questa poesia.
Per te trionfante, sorridente, bella,
me per te persino triste, sconfitta
(anche se non capirò mai
chi potrebbe sconfiggerti!),
per te senza fiducia né pace,
per te scrivo una poesia dopo l’altra,
come se volessi un giorno – come una tartaruga
– giungere, con l’aiuto di parole imperfette
e immagini, lì, dove tu sei già da tanto,
lì, dove ti ha portato il lampo della vita.
Adam Zagajewski

Le prime ore

Le prime ore del mattino. Ancora non scrivi
(anzi, non provi nemmeno a scrivere) leggi solo pigramente
Tutto è fermo, tranquillo, pieno, ma
come per un regalo della musa della lentezza,
come tempo fa, nell’infanzia, in vacanza, quando a lungo
si studiava una mappa colorata prima della gita, una mappa
che prometteva così tanto, stagni profondi nel bosco
come occhi luminosi di farfalla, prati di montagna
coperti di erba pungente;
oppure un momento prima di addormentarsi, quando
ancora non ci sono sogni,
ma già si sente il loro arrivo da ogni parte del mondo,
la loro marcia, il pellegrinaggio, la loro veglia al letto del malato
(malato per davvero) e il vigore tra sculture medievali
rannicchiate in sé nell’eterna immobilità sopra la cattedrale;
le prime ore del mattino, silenzio
-ancora non scrivi,
ancora non capisci così tanto.
La gioia è vicina.
Adam Zagajewski

Ricordi

Sfoglia i tuoi ricordi
cuci per loro una coperta di stoffa.
Scosta le tende e cambia l’aria.
Sii per loro cordiale, leggero.
Questi ricordi sono tuoi.
Pensaci mentre nuoti
nel mare dei Sargassi della memoria
e l’erba marina crescendo ti cuce la bocca.
Questi ricordi sono tuoi,
non li dimenticherai fino alla fine.
Adam Zagajewski

A volte tocchiamo un corpo

A volte tocchiamo un corpo e lo svegliamo
attraverso di lui passiamo la notte che si apre
la pulsazione sensibile dei bracci marini
e come il mare lo amiamo
come un canto nudo
come l'estate unica
lo diciamo luce, come si usa dire ora
lo diciamo ieri e altri luoghi
lo riempiamo di corpi e corpi
di gabbiani che sono i nostri gabbiani
lo scaliamo picco dopo picco
con bordi e tetti e battenti
con hotel e canali e ricordi
e paesaggi e tempo e asteroidi
lo riempiamo di noi stessi e di anima
di collari di isole e di anima
lo sentiamo vivere e quotidiano
lo sentiamo bello ma ombra
Homero Aridjis

La Verità, vi prego, sull'amore

Dicono alcuni che Amore è un bambino,
e alcuni che è un uccello,
alcuni che manda avanti il mondo,
e alcuni che è un'assurdità,
e quando ho domandato al mio vicino,
che aveva tutta l'aria di sapere,
sua moglie si è seccata e ha detto che non era il caso, no.
Assomiglia a una coppia di pigiami,
o al salame dove non c'è da bere?
Per l'odore può ricordare i lama,
o avrà un profumo consolante?
È pungente a toccarlo, come un pruno,
o lieve come morbido piumino?
È tagliente o ben liscio lungo gli orli?
O tell me the truth about love.
I manuali di storia ce ne parlano
in qualche noticina misteriosa,
ma è un argomento assai comune
a bordo delle navi da crociera;
ho trovato che vi si accenna nelle cronache dei suicidi,
e l'ho visto persino scribacchiato sul retro degli orari ferroviari.
Ha il latrato di un alsaziano a dieta
o il bum-bum di una banda militare?
Si può farne una buona imitazione su una sega
o uno Steinway da concerto?
Quando canta alle feste, è un finimondo?
Apprezzerà soltanto roba classica?
Smetterà se si vuole un po' di pace?
O tell me the truth about love.
Sono andato a guardare nel bersò;
lì non c'era mai stato;
ho esplorato il Tamigi a Maidenhead,
e poi l'aria balsamica di Brighton.
Non so che cosa mi cantasse il merlo,
o che cosa mi dicesse il tulipano,
ma non era nascosto nel pollaio,
e non era nemmeno sotto il letto.
Sa fare delle smorfie straordinarie?
Sull'altalena soffre di vertigini?
Passerà tutto il suo tempo alle corse,
o strimpellando corde sbrindellate?
Avrà idee personali sul denaro?
È un buon patriota o mica tanto?
Ne racconta di allegre, anche se spinte?
O tell me the truth about love.
Quando viene, verrà senza avvisare,
proprio mentre mi sto frugando il naso?
Busserà la mattina alla mia porta,
o là sul bus mi pesterà un piede?
Accadrà come quando cambia il tempo?
Sarà cortese o spiccio il suo saluto?
Metterà in subbuglio la mia vita tutta insieme?
O tell me the truth about love. 
Wystan Hugh Auden

Sulla sabbia

Sulla sabbia traccio con le mie dita una doppia linea interminabile come segnale dell'infinita durata di questo sogno.
Lentamente. Dall'altra parte. lo appena potevo adesso sentire la tua voce.
Convergenza. La foglia cade sulla foglia. La pioggia nell'estensione totale del pianto.
Nello specchio si cancellò la tua immagine. Non ti vedevo quando mi guardavi.
E tu da che parte del mio corpo stavi, anima, che non mi soccorrevi?
Immersione della voce. Le acque. Entrasti nell'origine. Testa decapitata accanto al mare. Poi non rimangono più silenzi.
Nei miei occhi si ammucchia repentina la luce. Come se tu, all'improvviso, tornassi alla vita.
Né la parola né il silenzio. Nulla poté servirmi per farti vivere.
Sera finale. Declina pallida la luce. Io. fluisco dalla ferita aperta nel mio fianco verso l'indurito fiume delle tue vene.
Sono debole. Non so dove appoggiarmi. Vuoto è di ogni essere l'aria. Non ci sei. Non ci sono. Che giratorio corpo quello del nulla. 
José Angel Valente

Come una pianta

Toglimi l’erba che mi cresce intorno
non vedi che mi soffoca
ridammi l’aria il vento
la luce che mi manca
benché segreta e cupa
ormai indispensabile
annaffiami con l’acqua rigogliosa
del fiume che conosci
ritaglia i rami informi voluttuosi
butta le foglie marce
scava pota diserba
fammi tornare slanciata e sicura
come ero
nella pura bellezza dell’inizio
quando l’istante non era che assoluto
e poi senza pietà
ti prego
tagliami le radici
strappami dalla terra
fammi volare nell’aria sospirata
un giorno un’ora un attimo felice
lasciami sognare
non me ne importa niente
se il respiro mi basterà appena
per capire l’errore
l’insidia la vertigine
e poi precipitare
nel sonno senza sogni
del buio inafferrabile
del vuoto senza te. 
Martha Canfield

La fine della scala

Sono passati dei giorni senza incontrarci.
Tu sei là, dietro il traguardo dei sogni,
in un orizzonte circondato di ignoto.
E io cammino, e vedo, e dormo,
consumando i miei giorni e trascinando il mio dolce domani,
che fugge verso il passato perduto.
I sospiri consumeranno i miei giorni finché tu torni?
NAZIK AL-MALAIKA
(da “Antologia della letteratura araba”)

Non ti vedo

Non ti vedo. So bene
che sei qui, dietro
una parete fragile
di mattoni e di calce, alla portata
della mia voce, se solo chiamassi.
Ma non chiamerò.
Domani ti chiamerò,
quando, non più scorgendoti,
fingerò che tu insisti
qui presso al mio fianco,
e che basta oggi la voce
che ieri tenni muta.
Domani... quando sarai
là dietro una
fragile parete di venti,
di cieli e di anni.
Pedro Salinas

Il veleno

Il vino sa rivestire il più sordido tugurio
d'un lusso miracoloso
e portici favolosi fa sorgere nell'oro
del suo vapore rosso
come il tramonto in un cielo nuvoloso.
L'oppio dilata le cose sconfinate,
estende quelle illimitate,
scava nella voluttà, approfondisce il tempo,
e di piaceri cupi e neri
smisuratamente l'anima riempie.
Ma non c'è confronto col veleno che stilla
dai tuoi occhi, i tuoi occhi verdi,
laghi in cui l'anima tremando capovolta si specchia...
Per dissetarsi la turba dei miei sogni
accorre a quegli abissi amari.
Non c'è confronto col terribile prodigio
della tua saliva che mordendo
nell'oblio l'anima mi affonda e con impeto
di vertigine, senza rimpianti, sempre
più fioca alle rive dei morti la trascina.
Charles Baudelaire

Che Dio mi guardi

Che Dio mi guardi,
non voglio dirti: addio,
poiché questo significherebbe che ogni cosa è ormai trascorsa.
I passeri, la musica, e le semplici passeggiate serotine nei quartieri vicini,
il brodo caldo sul piccolo desco,
le effimere sigarette di cui non si può fare a meno,
la gioia per le prime parole del fanciullo.
Tu,
gli amici che visiteremo,
i regali promessici... e che senz'altro verranno.
La pioggia, l'erba, i libri,
e tutte le cose... tutte le cose.
Dio mi guardi,
non voglio dirti addio
ma solo... sorriderò e ti dirò: felice sia il tuo mattino.
Nazìh Abu Afash (Siria, 1946)

Pensare a te in questa notte

Pensare a te in questa notte
non significava pensarti col mio solo pensiero,
in solitudine, non significava trovarti dentro me.
Era invece pensarti attraverso me,
estesamente, nel mondo intero.
Il grande sonno della campagna, le stelle,
il mare silenzioso e le erbe invisibili,
solo presenti in profumi asciutti;
in tutto ciò, da Aldebaràn al grillo,
ti stavo pensando.
Con quale leggerezza
si raccoglieva la pace
tra le pietre, le stelle,
l'acqua muta e la tremula boscaglia,
la natura intera,
e la mia anima,
in quella dedica che così ti si offriva!
E tutto si presentava
mansueto alla mia voce, al tuo servizio,
asceso adesso a volontà, a forza di amare.
Le luci e le ombre costruivano
la possibilità di desiderarti; edificavano
il grande silenzio, attraverso la terra, docile,
e voci di nuvole delicate, perse in cielo,
orientavano a te quel canto
che ora si andava componendo.
Ed era una simbiosi di essere e mondo,
di anelito e tempo, tregua inverosimile;
stava entrando in me,
alla maniera della stessa felicità,
che ti raggiunge senza fretta, ad ogni bacio.
Tanto che, quasi,
smisi di amarti
solo per amarti di più,
oltre me, immensamente affidando
quell'impegno di amare
alla notte profonda
viaggiatrice del tempo e già soverchia
di una missione importante, missionaria
di un amore reso stelle, calma, mondo,
affrancato ormai dalla paura,
dalla salma che permane
ovunque vi sia oblio.
Pedro Salinas

Più non si incateneranno i miei occhi nei tuoi

Più non si incateneranno i miei occhi nei tuoi,
più non s'addolcirà vicino a te il mio dolore.
Ma dove andrò porterò il tuo sguardo
e dove camminerai porterai il mio dolore.
Fui tuo, fosti mia. Che più? Insieme facemmo
un angolo nella strada dove l'amore passò.
Fui tuo, fosti mia. Tu sarai di colui che t'amerà.
Di colui che taglierà nel tuo orto ciò che ho seminato io.
Me ne vado. Sono triste; ma sono sempre triste.
Vengo dalle tue braccia. Non so dove vado.
Dal tuo cuore un bimbo mi dice addio.
E io gli dico addio.
Pablo Neruda

Il pozzo

A volte ti sprofondi, cadi nel tuo buco di silenzio,
nel tuo abisso di collera orgogliosa,
e puoi appena tornare, ancora con segni
di ciò che trovasti nella profondità della tua esistenza.
Amor mio, che trovi nel tuo pozzo chiuso?
Alghe, pozzanghere, rocce?
Cosa vedi con occhi ciechi, scontrosa e ferita?
Vita mia nel pozzo in cui cadi non troverai
ciò che conservo per te sull'altura:
un mazzo di gelsomini con rugiada,
un bacio più profondo del tuo abisso.
Non temermi, non cadere di nuovo nel tuo rancore.
Scuoti la mia parola che venne a ferirmi
e lasciala volare per la finestra aperta.
Tornerà a ferirmi senza che tu la guidi
poiché fu caricata con un istante duro,
e quell'istante sarà disarmato sul mio petto.
Sorridimi radiosa se la mia bocca ti ferisce.
Non sono un dolce pastore come nei racconti di fate,
ma un buon legnaiolo che con te condivide
terra, vento e spine dei monti.
Amami, tu, sorridimi, aiutami a esser buono.
Non ferirti in me, sarà inutile,
non ferir me, perché ti ferisci.
Pablo Neruda
 
da I versi del Capitano

Inverno

In ginocchio tra vento, orma e levriero
corsi dietro di te, chiara presenza,
trascinato dal lampo di una stella
di senso in senso sino alla tua assenza.
Attraversasti, amore, gli egoismi
che con selce di lacrima ti svelo
sovrapponendo abissi dopo abissi,
nella mia solitudine di gelo.
Il grande ragno della pioggia fila
con acqua e vento leste ragnatele.
Cosa mai diverranno domattina?
Forse un vetro infrangibile, di certo
somigliante ai miei occhi ormai sereni
dopo aver pianto tutto ciò che ho perso.
Miguel Ángel Asturias

Donami un abbraccio

Donami un abbraccio
sincero, luminoso
come un giorno d'estate,
ma che sia lungo,
lungo una vita. 
Carlo Bramanti

domenica 29 gennaio 2012

Luigi Tenco - Se Potessi Amore Mio

L'amore è doloroso perchè...

L’amore è doloroso perché apre la strada all’estasi. L’amore è doloroso perché trasforma: l’amore è cambiamento. Qualsiasi trasformazione è dolorosa perché occorre lasciare il vecchio per il nuovo. Il vecchio è familiare, sicuro; il nuovo è assolutamente sconosciuto. Ti muoverai in un oceano mai esplorato. Non puoi usare la mente con il nuovo come facevi con il vecchio; la mente è molto abile, ma può funzionare con il vecchio, non con il nuovo: ora è assolutamente inutile.
Per questa ragione nasce la paura; quando lasci il vecchio mondo – confortevole, sicuro – nasce il dolore. È lo stesso dolore che prova il bambino quando esce dal ventre della madre. È lo stesso dolore che prova il pulcino quando esce dall’uovo. È lo stesso dolore che prova l’uccellino quando prova a volare per la prima volta.
La paura dell’ignoto, l’insicurezza dell’ignoto, la sua imprevedibilità, ti spaventano moltissimo.
Dato che la trasformazione sarà dall’essere verso uno stato di non-essere, l’agonia è profondissima. Ma non si può avere l’estasi senza passare per l’agonia. Per purificare l’oro, esso deve passare attraverso il fuoco.
L’amore è fuoco.
È proprio a causa del dolore che l’amore procura, che milioni di persone vivono una vita senza amore. Anche loro soffrono, ma la loro è una sofferenza inutile. Soffrire per amore non è soffrire invano. Soffrire per amore è creativo: ti porta a livelli più alti di consapevolezza. Soffrire senza amore è un totale spreco, non ti porta da nessuna parte:continui a muoverti lungo il medesimo circolo vizioso.
L’uomo senza amore è narcisista, è chiuso. Conosce solo se stesso. Ma quanto può conoscere se stesso se non ha conosciuto l’altro? Solo l’altro può essere per lui uno specchio. Non conoscerai mai te stesso se non conosci l’altro. L’amore è fondamentale anche per la conoscenza di sé. La persona che non ha conosciuto l’altro in un rapporto profondo di amore, di intensa passione, di totale estasi, non potrà nemmeno sapere chi è, perché non avrà uno specchio in cui osservare la sua immagine.
La relazione è uno specchio e, più l’amore è puro, migliore e più nitido sarà lo specchio. Ma l’amore più alto richiede che tu sia aperto. Richiede che tu sia vulnerabile. Devi lasciar andare la tua armatura, ed è doloroso. Non devi stare sempre in guardia, devi abbandonare la mente e i suoi calcoli. Devi rischiare, devi vivere pericolosamente. L’altro può ferirti – è per questo che hai paura di essere vulnerabile. L’altro può rifiutarti – è per questo che hai paura dell’amore.
Il riflesso del tuo essere che scopri nell’altro potrebbe essere brutto – questa è la tua ansietà. Evita lo specchio. Ma non è che evitando lo specchio diventerai bello. Evitando la situazione, non puoi crescere. È necessario accettare la sfida.
Occorre entrare nell’amore. È il primo passo verso Dio, e non può essere aggirato. Quelli che cercano di evitare lo spazio dell’amore, non raggiungeranno mai Dio. È una necessità assoluta, perché diventi consapevole della tua totalità solo quando vieni stimolato dalla presenza dell’altro, quando la tua presenza viene rafforzata dalla presenza dell’altro, quando vieni aiutato a uscire dal tuo mondo chiuso,narcisista, e portato fuori sotto la volta infinita del cielo.
L’amore è un cielo, vastissimo. Essere in amore vuol dire mettere le ali. Ma naturalmente, il cielo infinito fa paura.
Inoltre lasciare andare l’ego è molto doloroso perché ci hanno insegnato a coltivarlo. Pensiamo che l’ego sia il nostro unico tesoro. L’abbiamo protetto, decorato, l’abbiamo lucidato in continuazione e, quando l’amore bussa alla porta, tutto ciò che ci occorre per innamorarci è mettere da parte l’ego: è doloroso, certo. È il lavoro di tutta la tua vita, è tutto ciò che hai creato, questo ego orrendo, questa idea che sei separato dall’esistenza.
È un’idea brutta perché non è vera. È un’idea illusoria, ma la società esiste, è anzi basata proprio su questa idea che ogni persona è una persona, non una presenza.
La verità è che al mondo non esistono persone ma solo presenze. Non ci sei, non esisti come ego, separato dal tutto. Sei parte del tutto. Il tutto ti penetra, il tutto respira in te, pulsa in te, il tutto è la tua stessa vita.
L’amore ti dà la prima esperienza di armonia con qualcosa che non è il tuo ego.
L’uomo moderno vive in una cella oscura: è narcisista. Il narcisismo è l’ossessione più grande della mente moderna.
E poi arrivano i problemi, problemi senza senso. Ci sono problemi che sono creativi perché ti portano a un livello più alto di consapevolezza. Ci sono problemi che non ti portano da nessuna parte, ti tengono solo legato, ti tengono nel caos del passato.
L’amore crea problemi; puoi evitarli, evitando l’amore. Ma quelli sono i problemi essenziali! Bisogna affrontarli, viverli e passarci attraverso per andare oltre. L’unico modo per andare oltre, è di passarci attraverso. L’amore è l’unica cosa che valga la pena di fare. Tutto il resto è secondario – va benissimo se è di sostegno all’amore. Tutto il resto è solo un mezzo, ma l’amore è il fine. Quindi, per quanto sia doloroso, entra nell’amore.
Se non entri nell’amore – come hanno deciso molte persone – rimani intrappolato all’interno di te stesso. Allora la tua vita non è un pellegrinaggio, non è un fiume che va verso l’oceano; la tua vita è una pozza stagnante, sporca, e molto presto resteranno solo lo sporco e il fango. Per rimanere limpido, devi continuare a fluire. Il fiume rimane pulito perché scorre. Scorrere è il modo di rimanere sempre vergini.
Chi ama rimane vergine. Tutti gli amanti sono vergini. Le persone che non amano non possono rimanere vergini: si addormentano, diventano stagnanti, e prima o poi – più prima che poi – iniziano a puzzare perché non hanno nessun posto dove andare. La loro è una vita morta.
L’uomo moderno si trova in questa situazione, e per questo motivo nevrosi di ogni genere, follie di ogni genere, sono rampanti. Il disagio psicologico ha preso proporzioni epidemiche. Non è che alcuni individui siano psicologicamente malati: la realtà è che la terra nel suo complesso è diventata un manicomio. Tutta l’umanità soffre di una specie di nevrosi.
Questa nevrosi nasce dal tuo ristagnare, dal tuo narcisismo. Tutti sono stretti nell’illusione di avere un sé separato, e poi impazziscono. Questa follia è senza senso, è improduttiva, non creativa. Oppure si suicidano. Questi suicidi sono anch’essi improduttivi e non creativi.
Forse non ti uccidi prendendo del veleno o saltando dall’alto di una rupe o sparandoti, ma puoi suicidarti in modo molto lento, e questo è proprio ciò che accade. Pochissime persone si suicidano tutte di un colpo. Gli altri hanno scelto un suicidio lento, graduale: muoiono a poco a poco. Ma la tendenza al suicidio è diventata quasi universale.
Non è vita questa, ma la causa, la causa fondamentale, è che abbiamo dimenticato il linguaggio dell’amore. Non siamo più così coraggiosi da buttarci nell’avventura chiamata amore.
La gente è interessata al sesso, perché il sesso non è pericoloso.
È il fenomeno di un momento, non occorre coinvolgersi.
L’amore è coinvolgimento, è impegno. Non è un fenomeno del momento. Quando ha messo le radici, può durare per sempre. Può diventare un impegno che dura tutta la vita. L’amore ha bisogno di intimità; solo quando c’è intimità, l’altro diventa uno specchio. Quando ti incontri con una donna o un uomo a livello sessuale, in realtà non vi incontrate affatto, avete evitato l’anima dell’altra persona. Tu ne hai usato il corpo e sei fuggito, e anche l’altro ha usato il tuo corpo ed è fuggito. Non siete diventati abbastanza intimi da poter rivelare all’altro il vostro volto originario.
L’amore è il più grande koan Zen.
È doloroso, ma non evitarlo. Se lo eviti, perdi la più grande opportunità di crescere. Entra in esso, con tutta la sua sofferenza, perché grazie alla sofferenza arriva una grande estasi. Sì, c’è agonia, ma da questa agonia nasce l’estasi. Sì, dovrai morire come ego, ma rinascerai come Dio, come buddha. L’amore ti darà il primo assaggio del Tao, del Sufismo, dello Zen. Ti darà la prima prova che Dio esiste, che la vita non è priva di significato.
Quelli che dicono che la vita non ha significato sono quelli che non hanno conosciuto l’amore. In effetti stanno dicendo che nella loro vita è mancato l’amore.
Lascia che ci sia il dolore, lascia che ci sia la sofferenza. Passa attraverso la notte oscura, e arriverai a una bellissima alba. Solo nel grembo della notte oscura, il sole può evolversi. Solo attraverso la notte oscura arriva il mattino.
Il mio approccio qui è unicamente quello dell’amore. Ti insegno l’amore, solo l’amore e nient’altro. Puoi dimenticarti di Dio: è solo una parola vuota. Puoi dimenticarti delle preghiere: sono solo riti che ti sono stati imposti da altri. L’amore è la preghiera naturale, non imposta da nessuno. Appare con te alla nascita. L’amore è il vero Dio, non il Dio dei teologi, ma il Dio di Buddha, Gesù, Maometto, il Dio dei Sufi. L’amore è una tariqa, un metodo per ucciderti come individuo separato e per aiutarti a diventare l’infinito. Scompari come goccia di rugiada e diventi l’oceano, ma per questo devi passare attraverso la porta dell’amore.
Certo, quando scompari come goccia di rugiada – e hai vissuto a lungo come goccia di rugiada – è doloroso, perché pensi: “Io sono questo, e ora questo sta scomparendo. Sto morendo”. Non stai morendo, è l’illusione che muore. Ti sei identificato con l’illusione, è vero, ma l’illusione è sempre un’illusione. Solo quando svanisce, puoi vedere chi sei. Questa rivelazione ti porta alle vette più alte della gioia, dell’estasi, della celebrazione.
Osho

Il dolore è un topo

Il dolore è un topo
sceglie l’intercapedine nel petto
per timido nido
ed elude la caccia
Il dolore è un ladro
rapido nel trasalire
tende l’orecchio
per cogliere un suono
di quel vasto buio
che ha trascinato la sua vita
indietro
Il dolore è un giocoliere
ardito nell’esibirsi
perché se esita
l’occhio per di lì
non colga i suoi lividi
siano uno o tre
Il dolore è un buongustaio
moderato nel lusso
Il dolore migliore non ha lingua
prima che parli
bruciatelo in piazza
le sue ceneri
lo faranno
forse
se rifiutano
come sapere
ormai nemmeno la tortura
ne caverebbe una sillaba.
Emily Dickinson

Abbiamo visto la luna

Abbiamo visto la luna nascere, nella sera chiara.
I diamanti spargevano rugiada, le aeree frange delle onde
e le finestre si aprivano su foreste piene di cicale.
Abbiamo anche visto la nuvola nascere alla fine dell''ovest.
Nessuno le ha dato importanza.
Sembra una pena sciolta - dicevano. Un fiore senza petali.
Abbiamo visto la luna nascere, nella sera chiara.
Saliva con il suo diadema trasparente, lenta, reggendo tanta gloria.
Ma la piccola nuvola correva veloce nel cielo.
Riunì eserciti di lana scura, si levò dovunque l'inquietudine dell''ombra.
Quando abbiamo voluto un'altra volta il chiarore lunare
abbiamo udito la pioggia sferzare contro i vetri, e la foresta dibattersi nel vento.
Dietro le nuvole, però, sapevamo che continuava ad esserci, gloriosa e intatta la luna. 
Cecilia Meireles